GATTI NELLA PREISTORIA

18/04/2020 Categorie : Animali nella Storia

Tempo di lettura 3 minuti

In questa nuovissima rubrica del blog di Paco parleremo di come gli animali domestici sono entrati nella storia dell’uomo e di come la loro utilità e le loro doti si siano intrecciate con l’evoluzione di quest’ultimo. Faremo un salto indietro nel tempo per spiegare questo magnifico rapporto tra uomo e animali, dalla preistoria fino all'età contemporanea passando dalle prime civiltà all’Impero Romano e descrivendo la sacralità dei gatti nell’antico Egitto.

I gatti nella preistoria

In questo articolo parleremo di come i gatti entrarono a far parte della vita degli uomini e faremo anche un confronto genetico tra i felini della preistoria e quelli del nostro tempo

Le prime tracce di gatti addomesticati

Nell’antica Mesopotamia (oggi tra Siria e Iraq) nel 2017 sono stati rinvenuti circa duecento corpi di gatto mummificati e perfettamente conservati risalenti al Neolitico. Alcuni studiosi e paleontologi, tra cui l’italiano Claudio Ottoni, ne hanno decodificato il Dna, scoprendo che già allora erano stati addomesticati.

Alcuni corpi riportavano ferite e scaglie di pietra al suo interno e certi anche dentro il cuore. Le ferite furono causate dalle punte delle prime lance rudimentali, segno che all’inizio quelle comunità consideravano i gatti dei predatori e li combattevano.

Con il passare del tempo gli abitanti dei villaggi locali hanno cominciato ad apprezzarne le doti e ad adottarli per servirsi del loro aiuto nella vita quotidiana.

Due furono i motivi principali di questo processo: i gatti tenevano lontani dal raccolto topi e roditori vari e tenevano compagnia. Quest’ultima motivazione può sembrare un po’ strana e banale, ma in un’era in cui i rapporti umani non erano solidi e fitti come adesso, un animale da compagnia faceva piacere e faceva sentire meno soli. 

Anche dal punto di vista del micio preistorico ci furono benefici: entrando a far parte delle comunità umane avevano la certezza di essere nutriti e non dovevano andare a cercare e procacciarsi i pasti; anche avere un rifugio sicuro faceva molto comodo per loro, visto che prima che accadesse tutto ciò vivevano come vivono adesso i felini selvatici, come le linci e  gatti selvatici.

Come sono cambiati i gatti dalla Preistoria ad oggi?

Se dovessimo confrontare la struttura genetica e del Dna tra i gatti preistorici e i gatti che conosciamo noi oggi noteremmo subito che il patrimonio genetico dei due è molto simile, quasi identici  (ad eccezione dei persiani e dei siamesi che sono cresciuti e si sono evoluti in contesti molto isolati).

Col passare degli anni e dei secoli ebbe luogo una selezione artificiale delle razze feline, decisa principalmente dall'aspetto estetico del gatto che porto’ una notevole diminuzione degli esemplari delle razze non apprezzate fino a farne scomparire alcune, come il Gatto delle Ande o il Gatto Viverrino, conosciuto anche come Gatto Pescatore.

L’autore, Leonardo Pogliano, classe 2008, è appassionato di animali e scrittura. 

Se vuoi suggerire all’autore un argomento di tuo interesse per il prossimo articolo scrivi a  Happy@paco.pet.

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I gatti nella preistoria

In questo articolo parleremo di come i gatti entrarono a far parte della vita degli uomini e faremo anche un confronto genetico tra i felini della preistoria e quelli del nostro tempo

Le prime tracce di gatti addomesticati

Nell’antica Mesopotamia (oggi tra Siria e Iraq) nel 2017 sono stati rinvenuti circa duecento corpi di gatto mummificati e perfettamente conservati risalenti al Neolitico. Alcuni studiosi e paleontologi, tra cui l’italiano Claudio Ottoni, ne hanno decodificato il Dna, scoprendo che già allora erano stati addomesticati.

Alcuni corpi riportavano ferite e scaglie di pietra al suo interno e certi anche dentro il cuore. Le ferite furono causate dalle punte delle prime lance rudimentali, segno che all’inizio quelle comunità consideravano i gatti dei predatori e li combattevano.

Con il passare del tempo gli abitanti dei villaggi locali hanno cominciato ad apprezzarne le doti e ad adottarli per servirsi del loro aiuto nella vita quotidiana.

Due furono i motivi principali di questo processo: i gatti tenevano lontani dal raccolto topi e roditori vari e tenevano compagnia. Quest’ultima motivazione può sembrare un po’ strana e banale, ma in un’era in cui i rapporti umani non erano solidi e fitti come adesso, un animale da compagnia faceva piacere e faceva sentire meno soli. 

Anche dal punto di vista del micio preistorico ci furono benefici: entrando a far parte delle comunità umane avevano la certezza di essere nutriti e non dovevano andare a cercare e procacciarsi i pasti; anche avere un rifugio sicuro faceva molto comodo per loro, visto che prima che accadesse tutto ciò vivevano come vivono adesso i felini selvatici, come le linci e  gatti selvatici.

Come sono cambiati i gatti dalla Preistoria ad oggi?

Se dovessimo confrontare la struttura genetica e del Dna tra i gatti preistorici e i gatti che conosciamo noi oggi noteremmo subito che il patrimonio genetico dei due è molto simile, quasi identici  (ad eccezione dei persiani e dei siamesi che sono cresciuti e si sono evoluti in contesti molto isolati).

Col passare degli anni e dei secoli ebbe luogo una selezione artificiale delle razze feline, decisa principalmente dall'aspetto estetico del gatto che porto’ una notevole diminuzione degli esemplari delle razze non apprezzate fino a farne scomparire alcune, come il Gatto delle Ande o il Gatto Viverrino, conosciuto anche come Gatto Pescatore.

L’autore, Leonardo Pogliano, classe 2008, è appassionato di animali e scrittura. 

Se vuoi suggerire all’autore un argomento di tuo interesse per il prossimo articolo scrivi a  Happy@paco.pet.

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